Da sempre si evince lo stretto rapporto tra stati emotivi e memoria, quindi tra intensità emotiva e nitidezza del ricordo. Ma prima di parlare in modo particolareggiato del rapporto tra marketing e memoria, cerchiamo di capire così e come funziona la memoria.
La memoria è quello straordinario archivio di racconti, immagini e dettagli che costituisce la nostra esistenza: siamo talmente ossessionati da essa, infatti, che se mai dovessimo perderla, risulteremmo privi di qualsiasi orientamento.
Ma come si fissano i ricordi nel mondo digitale? Ogni giorno abbiamo a che fare con una notevole mole di dati, ma la gran parte di essa viene dimenticata. A volte, ahimè, ci lamentiamo di questo aspetto, ma in realtà la capacità di dimenticare è davvero importantissima: se ricordassimo tutto ciò che ci accade, il cervello sarebbe sommerso da elementi e informazioni inutili e pertanto potrebbe perdere la sua straordinaria abilità di elaborare efficacemente gli stimoli essenziali per noi.
Sappiamo bene che le informazioni e i concetti che si imprimono in maniera efficace e duratura nella nostra mente sono soprattutto quei ricordi che coinvolgono la nostra emotività.
È grazie alla memoria se i consumatori riescono a memorizzare una pubblicità o un marchio per poi richiamare quelle informazioni in un secondo momento.
Come il marketing sfrutta i meccanismi di memoria?
Sicuramente, uno degli aspetti fondamentali da tenere ben presente per far sì che il consumatore sia attivo quando guarda gli spot pubblicitari o le vetrine dei negozi è proprio l’attenzione.
Prima di essere ricordato, infatti, un messaggio pubblicitario deve essere visto e l’attenzione mira il grado di coinvolgimento cognitivo e soprattutto emozionale di ciò che il consumatore ha di fronte agli occhi.
Mediante lo storytelling, poi, siamo in grado di costruire una storia, di raccontarla e di associarla alle vite dei consumatori.
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